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Ecco quando voler essere genitore richiede l’assistenza di un avvocato

fecondazione genitore padre

Il desiderio di diventare madre, padre, genitori, in una coppia può essere esaudito in 3 modi:

  • procreazione naturale
  • procreazione medicalmente assistita
  • maternità surrogata
  • adozione

L’assistenza di un avvocato alla genitorialità potrebbe essere richiesta da parte di una coppia di coniugi nell’adozione nazionale o nell’affidamento, ma diventa indispensabile nei casi di adozione internazionale. Un altro caso in cui è molto consigliata la consulenza legale è quello della maternità surrogata ma che in Italia è vietata. Spesso, però, vi ricorrono all’estero coppie omosessuali unite giuridicamente tra loro da unione civile, ai quali è già stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione il diritto all’omogenitorialità.

L’altro caso è quello generato dalle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Anche quando due coniugi decidono di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, omologa o eterologa, potrebbe essere utile richiedere la consulenza legale o l’assistenza di un avvocato, perchè il dettaglio che sfugge è quello del necessario consenso informato da rilasciare obbligatoriamente al medico prima di procedere.

Infatti, al riguardo è opportuno essere consapevoli che il legittimo desiderio di 2 persone a diventare genitori, mette in azione una serie di interessi e diritti di diversi soggetti in campo, suscettibili di tutela giuridica, spesso sottovalutati. Il diritto prevalente su tutti è senz’altro quello del nascituro, che bilancia quello degli altri soggetti giuridicamente tutelati come la madre e il padre ma, come vedremo non solo loro.

Infatti, La Corte di Cassazione si è recentemente espressa  in 2 occasioni, relativamente ai diritti contrapposti riconducibili al minore e al padre, che ha fornito il consenso informato alle pratiche di fecondazione assistita omologa o eterologa. I 2 casi sono:

Gli interessi dei genitori non sono mai prevalenti con gli interessi del minore. Tranne che in un caso

 

I giudici della Corte hanno stabilito che l’interesse prevalente che si contrappone ad altri rilevanti, come quello della riservatezza, è quello del minore. Nello specifico, l’interesse contrapposto a quello del minore riguardava:

  • l’esistenza del consenso paterno all’inseminazione eterologa della moglie, la quale lo ha rivendicato per contrastare il disconoscimento del nascituro da parte del padre a causa di separazione e divorzio.
  • il consenso di entrambi i genitori alle tecniche di procreazione medicalmente assistita riconosciute in Italia, che non viene meno nei casi di separazione o divorzio successivi alla fecondazione dell’ovulo.

Soltanto la contrapposizione con un interesse di pari rango può far soccombere quello del nascituro, ovvero la tutela del diritto alla salute della madre, perché già vivente.

Il consenso informato a diventare genitori con la fecondazione assistita. Ecco qual è il momento in cui interviene il divieto di revoca

 

E’ opportuno precisare che il divieto di revoca del consenso prestato all’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) interviene dopo che è intervenuta la fecondazione dell’ovulo.

Il primo caso sul quale è intervenuta la Corte di Cassazione riguarda la vicenda di un ginecologo, che su richiesta della sua paziente ha rilasciato la certificazione sulla sterilità dell’ex marito e confermato il consenso all’inseminazione artificiale eterologa della moglie. La donna era diventata madre in seguito a PMA e si è trovata a dover contrastare il tentativo di disconoscimento della paternità da parte del marito, dal quale aveva divorziato. A prima vista il medico sembrava aver violato la riservatezza protetta dall’ex articolo 622 Cp, per aver rivelato dati protetti relativi alla condizione di infertilità del padre e il suo consenso prestato alla fecondazione dell’ovulo della moglie. Tuttavia, Il punto fondamentale che è stato precisato dalla Cassazione è quello dei profili giuridici valutati per affermare la non colpevolezza della condotta tenuta dal medico, in ordine alla contestazione dei reati.

Il diritto alla privacy contro quello degli interessi del minore.

 

Se la madre ha richiesto al medico di certificare lo stato di infertilità dell’ex marito e il consenso da lui prestato alla PMA, è stato solo per contrastare il tentativo di disconoscimento della paternità del figlio da parte dell’ex marito. In questo caso il diritto alla privacy e alla riservatezza sullo stato di salute dell’ex marito, che non era in grado di avere figli e aveva dato il consenso alla PMA della moglie, è bilanciato di fronte all’interesse prevalente del minore nei confronti del padre che intendeva disconoscerlo.

Quando il diritto a nascere del bambino è prevalente su quello della scelta se diventare o meno genitore.

 

Il secondo caso è forse ancora più estremo relativamente alla contrapposizione dei diritti. Se nel primo caso erano contrapposti il diritto del minore contro il tentativo di disconoscimento da parte del padre, nel secondo si sono contrapposti il diritto a diventare o meno padre a quello del futuro nascituro da un ovulo crioconservato e successivamente impiantato nell’utero della donna che era ormai diventata ex moglie dopo la separazione.

In questo caso ci si è trovati di fronte ad una coppia di coniugi, che nell’impossibilità di avere figli, si è affidata alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il primo tentativo di diventare genitori con l’ovulo fecondato della donna era fallito. Successivamente la coppia si è separata e la donna aveva chiesto al giudice in via d’urgenza, di poter procedere ad ulteriori tentativi con gli altri embrioni crioconservati. Il marito, a fronte dell’interruzione della relazione e dell’intervenuta separazione si era opposto e aveva sollevato la questione di costituzionalità del divieto di revoca del consenso informato, dopo la fecondazione dell’ovulo. Infatti, a prima vista questo divieto viola il diritto fondamentale della persona, imponendo di fatto una paternità non voluta. Ma il giudice ha accolto l’istanza della donna ordinando di procedere all’inserimento degli embrioni nell’utero della donna.

In sostanza, come già avviene da diverso tempo, il giudice ha ritenuto prevalente il diritto del nascituro di fronte a quello del marito che voleva ritirare il consenso prestato alla procreazione medicalmente assistita dell’ovulo della moglie, anche se è impiantato dopo la loro separazione.

Il giudice, nell’asserire l’irrevocabilità del consenso prestato ai sensi dell’art. 6, comma 3 della Legge 40/2004, interpretando la norma in combinato disposto con gli articoli 8 e 9 della stessa legge e intervenuta la fecondazione, ha stabilito che il marito dissenziente non può revocare il consenso. Chiaramente, per effetto di quel consenso validamente espresso avrà i diritti e i doveri connessi alla paternità. Quindi il bambino nato da procreazione assistita, sia che discenda biologicamente dai genitori o meno, ha lo stato di figlio nato nel matrimonio, se procreato da una coppia di coniugi, e di figlio riconosciuto, se procreato da una coppia di conviventi e per effetto dell’art. 9 per i concepiti con donazione di gameti maschili o femminili, valgono le medesime regole dettate per l’attribuzione dello status.

Conclusioni

In sintesi, il consenso alle tecniche di fecondazione assistita non può essere revocato dopo la fecondazione dell’ovulo, neppure se la coppia viene successivamente a separarsi. La tutela dell’embrione alla vita prevale sul diritto alla non paternità e può cedere il passo solo di fronte al rischio di lesione di diritti di pari rango ritenuti prevalenti (come la salute della donna). Il nascere in una famiglia di genitori separati non priverà il minore delle due figure genitoriali e della doverosa assistenza morale e materiale da parte di entrambi.

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