Il tema della violenza assistita resta purtroppo molto attuale e spesso sottovalutato. Sono situazioni di violenza quelle nelle quali sono presenti comportamenti violenti, per lo più in famiglia, perpetrati nel tempo contro una persona cara e in presenza di soggetti fragili in particolare minori, donne incinte e anziani.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha da tempo individuato nei Minori i soggetti vittime di violenza assistita, indiretta e spettatrice suo malgrado, di episodi di violenza isolati o ripetuti, ai danni di una persona familiare. Le premesse indicano che la violenza assistita di tipo sessuale, economica, fisica, verbale, psicologica si configura quando è rivolta contro figure familiari e di riferimento per il minore, ed è una forma di maltrattamento che si realizza tra le mura domestiche. Per questi motivi si configura come fattispecie di reato. Il Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in Legge 15 ottobre 2013, n. 119, ha introdotto l’aggravante della violenza assistita per tutti i delitti dolosi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale e per il reato di maltrattamenti in famiglia, quando il fatto sia stato commesso in presenza o in danno di un minore o in danno di una donna in gravidanza. Il reato si rafforza anche sulla base della Legge n. 69 del 2019, ovvero il cosiddetto codice rosso, “disposizioni in tema di violenza domestica e di genere”, che qualifica il minore vittima di violenza assistita quale persona offesa del reato con riferimento all’articolo 572 sempre del Codice Penale. Ai sensi della legge, quindi, il maltrattamento in famiglia, e di conseguenza la violenza assistita, è un reato procedibile d’ufficio e chiunque può sporgere denuncia.
Le conseguenze psichiche della violenza in famiglia sui minori
Il Cismai, ovvero il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia, definisce la violenza assistita nei seguenti termini: si tratta di una esperienza traumatica vissuta dal bambino, il quale assiste impotente a qualsiasi forma di maltrattamento o abuso perpetrato ai danni di persone per lui affettivamente significative. Questi atti di violenza possono essere di natura fisica, verbale, psicologica, sessuale o economica e hanno come vittime figure di riferimento adulte come i genitori, o altri minori come i fratelli. Il minore quindi, anche se non direttamente colpito dalla violenza, ne subisce lo stesso le conseguenze emotive e psicologiche, dovendo assistere inerme a scene di violenza su persone per lui fondamentali. La violenza assistita è dunque una forma di maltrattamento indiretto ma estremamente traumatico per il bambino. Di Blasio riferisce che” l’assistere alla violenza domestica e ai conflitti tra i genitori nella categoria di maltrattamento psicologico definisce effetti di connessione più consistenti con alcune aree dello sviluppo del bambino che appaiono più compromesse, quali legame di attaccamento, adattamento e competenze sociali, problemi comportamentali, abilità cognitive e problem solving, apprendimento scolastico”.
La differenza tra conflitto e violenza tra le mura domestiche nei casi di separazione e divorzio conflittuali
Non è raro che durante separazioni e divorzi tra coppie molto conflittuali, si verifichino episodi di forme di violenza cui assistono i bambini. In casi come questi è bene rimarcare il fatto che gli effetti traumatici di violenza assistita lasciano segni indelebili nello sviluppo psicofisico del minore. Tuttavia, è importante riconoscere la violenza e distinguerla dal conflitto. La principale differenza violenza e conflitto sta nel fatto che la prima si basa su una gerarchia e si nutre di disparità. Importanti indici di violenza in famiglia sono la tendenza dell’aggressore ad isolare la vittima dai propri affetti familiari ed amicali, la gelosia ossessiva, la denigrazione e la svalutazione della vittima rispetto alle sue condotte e alle sue scelte, la gestione tirannica delle spese e la non collaborazione e deresponsabilizzazione dell’aggressore rispetto alla vita familiare. Tutti questi comportamenti sono campanelli di allarme che possono predire l’attivazione del codice rosso.
L’importanza dell’assistenza legale nei casi di violenza in famiglia e del supporto psicologico
Rivolgersi ad un avvocato quando si percepisce di essere vittime di comportamenti simili aiuta a non sentirsi soli, ma anche a comprendere le dinamiche della relazione di coppia. L’avvocato riconosce la fattispecie di reato di violenza e individua gli strumenti legali più opportuni per la tutela dei soggetti deboli. Parallelamente, l’intervento dello psicologo può accompagnare nel percorso di gestione del conflitto familiare o di riconoscimento della violenza.
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